Dissacrante David LaChapelle

Deluge, 2006Clicca per vedere l’immagine più grande

David LaChapelle, Deluge. 1996

Deluge, gli scatti di LaChapelle ispirati a Michelangelo

L’universo umano che popola le fotografie di David LaChapelle (nato nel Connecticut nel 1963) sembra aver perso di vista ogni valore etico e sociali, travolto e consumato dall’ossessione per il possesso dei beni materiali, per il culto del corpo, per il successo. Non è certo un moralista, né un castigatore di costumi, questo originale artista formatosi alla scuola della pop art, apprezzato da Andy Warhol e noto in tutto il mondo per i suoi lavori nel campo della moda e dello spettacolo. Eppure, non finge di non vedere i vizi e i difetti della natura umana e della società moderna. Vizi che mette in evidenza nel suo ultimo lavoro, Deluge (Diluvio, 2006), ispirato agli affreschi michelangioleschi della Cappella Sistina.

The DelugeClicca per vedere l’immagine più grande

Michelangelo Buonarroti, Diluvio. 1509

Un lavoro, inedito, di forte impatto visivo ed emotivo che ha fatto parte della retrospettiva “David LaChapelle” che raccoglieva 350 opere, divise in 13 sezioni, realizzate durante tutta la carriera dell’artista statunitense, che affrontano tutte le tematiche da lui indagate, dalla degenerazione della società dei consumi al rapporto con la divinità, dalla paura della morte al senso del Sublime.

Sono temi complessi e cupi, che LaChapelle traduce però in immagini che hanno sempre un sapore raffinato, quasi glamour. Proprio in questa sua capacità di trattare questioni profonde dell’esistenza umana con un tocco apparentemente lieve, talora ironico o perfino grottesco, fa di lui a tutti gli effetti un artista “pop”, che si rivolge cioè a un pubblico il più possibile vasto, come ricorda Gianni Mercurio, curatore della mostra assieme a Fred Torres.
È il fotografo della bellezza, David LaChapelle, e dello star system: tra i volti più noti immortalati dal suo sguardo ricordiamo Naomi Campbell, Kate Moss, Leonardo Di Caprio, Uma Thurman, Angelina Jolie, Cher, Pamela Anderson, Britney Spears, Shakira e Paris Hilton, Madonna, Elton John, Eminem, Whitney Houston e moltissimi altri. I protagonisti dei suoi scatti sono uomini e donne bellissimi – forse troppo belli, troppo perfetti e ricercati, quasi artificiali o irreali, spersonalizzati. Così finiscono per incarnare loro stessi i vizi che LaChapelle mette a nudo: l’eccesso, il cinismo, il desiderio sfrenato di piacere e benessere, che sfocia nell’egoismo e degenera nella corruzione. Come dimostra il nuovo ciclo Deluge a cui appartiene Museo 2007, la foto di un museo di dipinti che va sott’acqua, simbolo di un’umanità che precipita trascinando con sé i suoi tesori e le sue bellezze più grandi. Le ambientazioni sono studiate fino all’ultimo dettaglio, sature di colori e cariche di riferimenti artistico-culturali. Riferimenti non immediatamente comprensibili, che alludono spesso a grandi autori, opere o testi del passato antico e recente. Eppure LaChapelle rivela anche qui la sua anima popolare, perché la perfezione e la carica simbolica delle sue immagini colpisce anche l’osservatore meno preparato, anche lo sguardo più rapido e superficiale. E questa stratificazione del messaggio, questa fruibilità a più livelli, fa delle sue fotografie grandi opere d’arte.

Shakira ritratta all’interno di un fiore carnoso non è solo la giovane popstar nota ai suoi fan, ma anche una moderna versione dell’Olympia di Edouard Manet. Lo scatto che immortala David Bowie con addosso due occhi finti rimanda al celebre Ritratto della giornalista Sylvia von Harden dipinto dall’espressionista tedesco Otto Dix nel 1926.

Sono immagini che fanno discutere, che suscitano polemiche talora per la loro crudezza o per la loro verve dissacrante, come la foto del rapper Kanye West nei panni di un Cristo con in testa una corona di spine, o il bacio omosessuale tra due marinai statunitensi. O la cantante Madonna agghindata con accessori di significato spirituale. Almeno una citazione meritano gli scatti della serie Ricordi americani, elaborazioni al computer di scatti realizzati da altri negli anni Settanta e acquistati dall’artista. E, infine, le immagini oniriche, assurde e inquietanti della sezione Il sogno evoca il surrealismo.

www.davidlachapelle.it

Fonte

Lascia un commento